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ARTICOLO

Il dipendente che si fa licenziare rimborsa il ticket Naspi

L’azienda indotta a licenziare il dipendente per assenza ingiustificata ha diritto a ottenere dal lavoratore il risarcimento del danno corrispondente all'importo del ticket Naspi versato all'Inps. Lo ha deciso il Tribunale di Udine nella sentenza 106/2020 pubblicata il 30 settembre, con cui, dopo aver revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore per il pagamento delle retribuzioni, ha accertato, tra l’altro, la sussistenza del credito dell’azienda per l’importo del contributo di licenziamento pagato, in quanto il licenziamento era stato indotto dal comportamento omissivo del dipendente, assentatosi ingiustificatamente.


Il lavoratore, dopo aver manifestato la necessità di interrompere il rapporto di lavoro, invece che dimettersi ha chiesto all’azienda di essere formalmente licenziato per poter beneficiare della Naspi. Di fronte al rifiuto dell'impresa, il dipendente si è assentato in modo ingiustificato, fino a costringere il datore a procedere al licenziamento disciplinare per giusta causa.


L’azienda, opponendosi al decreto ingiuntivo presentato dal lavoratore per crediti da retribuzioni non ancora corrisposte, ha chiesto di essere risarcita del costo del ticket Naspi di 1.469 euro, che aveva dovuto sostenere solo perché il dipendente aveva perpetrato una condotta omissiva, assentandosi deliberatamente.


La decisione di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno si è sostanzialmente basata sull’accertamento della «provenienza della volontà risolutiva del rapporto di lavoro». A parere del giudice è stato adeguatamente provato che l’iniziativa di porre fine al rapporto è stata presa esclusivamente dal dipendente, il quale solo a fronte del rifiuto dell’azienda, si è deliberatamente assentato dal posto di lavoro, al solo fine di farsi licenziare e poter così aver diritto alla Naspi.


La sentenza è interessante anche in ragione della non eccezionalità nella prassi di simili condotte, quando il dipendente è più interessato a percepire l’indennità di disoccupazione che a proseguire un regolare rapporto di lavoro e inizia ad assentarsi, così che ha avvio la procedura di contestazione disciplinare secondo l’articolo 7 della legge 300/1970 e le rispettive norme disciplinari contrattuali, che può concludersi con un licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa.


Per la prima volta i giudici puniscono la condotta del lavoratore che, sebbene formalmente rispettosa delle regole di legge e contrattuali, è invece ispirata a un obiettivo non legittimo, cioè indurre il datore di lavoro a esercitare il licenziamento, al solo fine di poter maturare il diritto a percepire la Naspi.

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