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ARTICOLO

LE DOMANDE ILLEGALI AI COLLOQUI DI LAVORO


L’esigenza di conoscere la persona candidata ad un posto di lavoro deve sempre tener conto della tutela della riservatezza e della parità di trattamento.

Solitamente quello a cui la persona addetta alla selezione delle risorse umane dovrebbe puntare in sede di colloquio di lavoro è capire quali sono le competenze del candidato che ha di fronte: esperienze lavorative effettuate, studi ed interessi personali. Il tutto però sempre in riferimento al complesso della vita professionale della persona da assumere.

Capita tuttavia frequentemente, a chi si sottopone a colloqui di lavoro, di sentirsi rivolgere delle domande che urtano la propria sensibilità o che invadono la propria sfera personale e che sono ben poco attinenti con la posizione lavorativa per la quale ci si è candidati.

Ma è lecito fare domande così tanto personali ed invasive? La risposta è no, perché un colloquio di lavoro deve riguardare esclusivamente le proprie esperienze lavorative o comunque le domande poste devono servire a meglio comprendere le attitudini professionali del candidato.

Il fondamento normativo di questo divieto è rappresentato dal codice delle pari opportunità, secondo il quale è vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, sia che questo venga esercitato in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma.

Il divieto in questione si estende anche ai criteri di selezione ed alle condizioni di assunzione, nonché alla promozione sul posto di lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, estendendosi a tutti i livelli della gerarchia professionale.

Ma procediamo con ordine e vediamo quali domande sono illegali durante il colloquio di lavoro.

Sei sposata\o, hai figli, sei fidanzata\o?

La ragione di tali domande, molte volte, è quella di capire il grado di dedizione al lavoro che il candidato può assicurare, sul presupposto che l’avere una vita familiare o affettiva vada a compromettere l’impegno sul lavoro. Domande del genere non dovrebbero tuttavia essere ammesse in sede di colloquio di assunzione e questo perché, oltre ad essere lesive della privacy, sono discriminatorie, specie se – come purtroppo spesso accade – vengono rivolte a candidate di sesso femminile.

Lo stesso codice delle pari opportunità vieta qualsiasi forma di discriminazione attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale, di famiglia, di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, tanto se effettuate in modo diretto che indiretto attraverso meccanismi di preselezione.

Di che orientamento sessuale sei?

Anche questa domanda rappresenta una illegittima invasione della privacy del candidato, che nulla ha a che fare con l’attitudine al lavoro. Sul punto è la stessa Costituzione che vieta qualsiasi forma di discriminazione basata su condizioni personali o sociali.

Di che partito sei? Sei religioso? Di che nazionalità sei?

La legge vieta di chiedere durante un colloquio di lavoro informazioni sugli orientamenti politici o sulla fede religiosa di un candidato. Allo stesso modo è vietato chiedere informazioni sulla nazionalità del candidato, per evitare il rischio che tra gli elementi di valutazione vi rientrino fattori legati a provenienza ed etnia.

Il fondamento normativo è rappresentato dallo Statuto dei diritti del lavoratore, nel quale viene chiaramente previsto che è vietato al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.

Come reagire di fronte a domande illegittime

Non è facile individuare un modello di comportamento univoco da tenere nel caso di domande della tipologia di quelle qui illustrate, anche perché molto dipende se la valutazione del candidato viene fatta tramite un colloquio, ovvero attraverso la somministrazione di questionari.

Resta tuttavia il diritto del candidato di rifiutarsi legittimamente di rispondere ad una domanda che non è funzionale al ruolo per il quale si è proposto e sta effettuando il colloquio di lavoro.


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