LA REPERIBILITA' NON E' UN OBBLIGO
Dalle norme del codice civile, in particolare dal combinato disposto degli artt. 2086, 2094 e 2104, non è possibile dedursi la sussistenza a carico del lavoratore di un obbligo di eseguire compiti, quali quello di reperibilità, aggiuntivi ed estranei rispetto alla prestazione ordinaria dedotta in contratto.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 7410/2018 respingendo il ricorso di una nota catena di supermercati.
La vicenda
I giudici di merito avevano accolto la domanda di un dipendente nei confronti della datrice di lavoro, avente a oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare irrogatagli per aver rifiutato, in quanto asseritamente a questa non tenuto, la prestazione di servizi di reperibilità.
Per la Corte territoriale, non sarebbe stato configurabile ai sensi di legge e di contratto collettivo e individuale, un obbligo di esecuzione di tali prestazioni a carico del lavoratore; pertanto, la condotta contestatagli sarebbe stata insuscettibile di assumere rilevanza sul piano disciplinare.
Reperibilità: nessun obbligo ai sensi del codice civile
Decisione che viene contestata dalla società innanzi alla Corte di Cassazione con doglianze che, tuttavia, vengono ritenute totalmente infondate.
Per gli Ermellini, contrariamente a quanto affermato dalla datrice, non può farsi discendere dal combinato disposto degli artt. 2086, 2094 e 2104 c.c., un obbligo a carico del lavoratore di esecuzione di compiti, quale quello di reperibilità, palesemente aggiuntivi ed estranei alla prestazione ordinaria dedotta in contratto.
Inoltre, sostiene il Collegio, devono ritenersi inoperanti prassi aziendali formatesi in contrasto con la disciplina collettiva, come quelle invocate dalla ricorrente relativamente all'adibizione continuativa dei manutentori ai servizi di reperibilità. Il ricorso va pertanto rigettato.