PERMESSO RETRIBUITO PER CURARE IL CANE
Un permesso retribuito a norma di contratto collettivo dei dipendenti pubblici per «grave motivo famigliare e personale»: assistere il cane malato. È accaduto a Roma, dove una lavoratrice single dell’Università La Sapienza ha ottenuto di assentarsi dal lavoro per due giorni perchè l’animale domestico necessitava di un intervento medico veterinario urgente e indifferibile alla laringe e poi andava accudito. A una prima richiesta della donna il datore di lavoro ha risposto, a voce, negativamente ma dopo il supporto tecnico-giuridico dell’ufficio legale della Lega antivivisezione e ricevuto anche il certificato del veterinario, le cose sono cambiate.
Le motivazioni alla base del parere positivo ricevuto dall’impiegata amministrativa sono che «la non cura di un animale di proprietà integra, secondo la Cassazione, il reato di maltrattamento degli animali previsto dal Codice penale all’art. 544-ter. Non solo. Vige il reato di abbandono di animale, come previsto dalla prima parte dell’articolo 727 del Codice penale», spiega una nota della Lav. «È evidente, quindi, che non poter prestare, far prestare da un medico veterinario cure o accertamenti indifferibili all'animale, come in questo caso, rappresentava chiaramente un grave motivo personale e di famiglia, visto che la signora vive da sola e non aveva alternative per il trasporto e la necessaria assistenza al cane». Le sentenze di Cassazione citate sono la n. 21805 del 18/4/2007, III sez. penale e la n. 5979 del 13/12/2012, III sez. penale.
Soddisfazione degli animalisti: «D'ora in avanti, con le dovute certificazioni medico-veterinarie – ha detto il presidente Lav Gianluca Felicetti -, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente. Un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia», conclude.