LAVORO OCCASIONALE, FAMIGLIE E IMPRESE CON PIU' LIMITAZIONI
Arriva questa settimana al Senato per la seconda lettura la manovra d’estate del Governo Gentiloni. Il provvedimento, approvato giovedì scorso alla Camera con 218 voti favorevoli, 127 contrari e 5 astenuti, è in scadenza il 23 giugno. L’esame sarà affidato alle commissioni Affari costituzionali e Bilancio: il decreto sarà poi discusso in Aula dal 13 giugno.
Nell’iter a Montecitorio il testo si è arricchito di capitoli “pesanti”: split payment a maglie larghe e rimborsi Iva più veloci, addio agli studi di settore, web tax transitoria, prestito ponte da 600 milioni per salvare Alitalia. Il tassello più discusso, però, che al Senato potrebbe creare tensioni tra le file della maggioranza, riguarda il nuovo corso del lavoro accessorio.
Dopo l’abolizione dei voucher, gli strumenti in arrivo sono due. Per le imprese ci sarà il contratto di prestazione occasionale, un nuovo strumento, online e semplificato, che potrà essere utilizzato solo dalle piccolissime aziende, fino a 5 dipendenti, ed entro il tetto di 5mila euro l’anno. Ogni lavoratore potrà essere pagato fino a 2.500 euro.
Per le famiglie, invece, è in rampa di lancio un libretto telematico prefinanziato, che si potrà utilizzare - con gli stessi limiti - per pagare la colf, il giardiniere, l’assistenza a domicilio, le ripetizioni dei figli o la baby sitter.
sieme alle nuove regole arrivano nuovi paletti, con l’obiettivo dichiarato di evitare gli abusi. «Si tratta di strumenti completamente tracciabili - sottolinea Maurizio Del Conte, presidente dell’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) - e, salvo problemi con la piattaforma informatica, dovrebbero risultare di facile utilizzo. Di sicuro non sostituiranno i voucher, ma questo è nella logica stessa della legge».
Se prima non esisteva alcun limite alle dimensioni delle aziende che potevano attivare i voucher, in base alla “manovrina” i destinatari saranno da un lato le famiglie e dall’altro professionisti, enti non profit, amministrazioni pubbliche (con una serie di vincoli, si veda l’infografica a lato) e soprattutto le micro-imprese fino a cinque addetti a tempo indeterminato. Una platea, secondo Infocamere, di almeno 3,3 milioni di aziende, pari all’88% di tutte quelle che hanno dipendenti. Vanno escluse le imprese dell’edilizia e dei settori affini (oltre 800mila) e le operazioni relative all’esecuzione di appalti di opere o servizi. In agricoltura saranno ammesse solo le attività svolte da pensionati, studenti under 25, disoccupati e persone che ricevono misure di sostegno al reddito.
E per le medie e grandi imprese? «Ci sono già nell’ordinamento una serie di valide alternative», risponde Del Conte. «Il lavoro a chiamata, pur non essendo stato modificato, resta comunque uno strumento adatto per rapporti di discontinui ma ripetuti nel tempo, mentre per collaborazioni autonome, ma continuative, ci sono le co.co.co». Di sicuro, per le aziende che utilizzeranno il contratto a chiamata al posto dei buoni aboliti, i costi saranno più salati, con maggiorazioni fino al 50% per il datore (si veda «Il Sole 24 Ore» del 23 marzo).
A cambiare saranno anche importi e tetti economici. Anche se la formulazione della norma non brilla per chiarezza, il compenso orario minimo per il contratto di prestazione occasionale dovrebbe essere pari a 9 euro netti e 12,37 euro lordi, mentre il valore netto di ogni voucher era di 7,50 euro.
Per il libretto famiglia, invece, il decreto stabilisce un “compenso” di valore nominale pari a 10 euro per «compensare prestazioni di durata non superiore a un’ora». Per ciascun titolo di pagamento sono a carico della famiglia i contributi alla gestione separata Inps (1,65 euro), all’Inail (0,25 euro) e per oneri gestionali (0,10 euro).
Il tetto annuo è per tutti, committenti e lavoratori, di 5mila euro (con alcune eccezioni, si veda l’infografica a lato). Nel caso, però, di attività complessivamente rese da ogni prestatore per lo stesso utilizzatore il limite massimo si dimezza a 2.500 euro.
Con i voucher, invece, gli unici limiti annui erano 7mila euro netti per il lavoratore e 2mila netti (3mila per i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito) per i singoli rapporti tra prestatore di lavoro e committente imprenditore o professionista.
Infine, il capitolo sanzioni: nel caso in cui le prestazioni rese dal lavoratore in un anno presso lo stesso utilizzatore (a eccezione della Pa) superino 2.500 euro o la durata complessiva di 280 ore, il rapporto si trasforma a tempo pieno e indeterminato. Se invece non si rispetta l’obbligo di comunicazione - l’impresa o il professionista devono trasmettere, almeno un’ora prima dell’inizio, una serie di dati all’Inps - scattano multe salate, da 500 a 2.500 euro per ogni attività svolta fuori regola.